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La DE-GLOBALIZZAZIONE come opportunità di crescita e di sviluppo

Il fenomeno della deglobalizzazione si manifesta attraverso un aumento delle barriere commerciali e finanziarie tra paesi, una minore cooperazione internazionale e un ritorno verso modelli economici più nazionali o regionali.

La deglobalizzazione può essere alimentata da una serie di fattori ma per comprenderne la portata è sufficiente analizzare ciò che ha detto il presidente russo Vladimir Putin parlando al ministero degli Esteri.

Il mondo è inammissibilmente vicino al punto di non ritorno e rischia una tragedia a causa dell’egoismo e dell’arroganza dei Paesi occidentali, che parlano della necessità di infliggere una sconfitta strategica alla Russia senza considerare che essa è in possesso di uno dei più grandi arsenali nucleari del mondo.

L’egoismo e l’arroganza dei Paesi occidentali è ben motivata dalla de-dollarizzazione dell’economia globale grazie al progetto di una moneta unica per i BRICS, acronimo che unisce ben cinque importanti economie emergenti – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – e che oggi raccoglie altri membri quali Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ed è prossima anche la Turchia.

Volendo fare delle previsioni per il futuro esiste una prima ipotesi, quella di una guerra tra occidente ed oriente ed in questo caso, sarebbe stupido anche solo commentare quali potrebbero essere gli scenari di un possibile conflitto mondiale.

Poi c’è l’ipotesi più ottimistica c’è la chiusura dei mercati tra l’oligarchia occidentale guidata dagli anglo americani e l’oligarchia orientale guidata da Russia e Cina e guerre convenzionali per accaparrarsi risorse naturali o posizioni strategiche dal punto di vista militare.

Siamo quindi di fronte alla fine del processo di integrazione culturale, politica ed economica tra occidente ed oriente che provocherà una crisi economica e finanziaria dalle dimensioni spropositate. Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali, la carenza di beni essenziali e l’instabilità economica costringeranno le comunità territoriali a cercare soluzioni locali e ad organizzarsi in filiere produttive a livello locale.

Le reti di produzione, scambio e distribuzione gestite in modo autonomo e decentralizzato, di fatto diventano sistemi economici che possono favorire l’autosufficienza, la solidarietà e la resilienza delle comunità locali, riducendo la dipendenza da fornitori esterni e creando legami più stretti tra produttori e consumatori. In questo contesto, le comunità possono adottare pratiche come il commercio equo e solidale, l’agricoltura biologica e sostenibile, la produzione artigianale e il recupero e riutilizzo dei materiali.

In definitiva, la crisi economica può spingere le comunità a ripensare i propri modelli di produzione e consumo, incoraggiando l’emergere di sistemi anarchici basati sulla collaborazione, la condivisione delle risorse e la valorizzazione delle conoscenze e competenze locali.

ALFASSA nasce da questa consapevolezza ed ha implementato un sistema di sviluppo in grado di fornire gli strumenti ad ogni singolo sistema economico per autodeterminarsi dal basso e per interconnetterti tra loro al fine di condividere relazioni, conoscenze, strumenti e tecnologie per rendere sostenibile anche i progetti più complessi che richiedono un grande dispendio di risorse economiche.

Gianni Diotallevi, fondatore di ALFASSA

Per saperne di più iscrivi al corso di formazione introduttivo ad ALFASSA.

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